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In realtà, già un'epigrafe fenicia (oggi perduta), databile al IX secolo a.C., documenta per la prima volta l'esistenza di un etnico collettivo Bs'n, un toponimo forse mediterraneo, d'incerta etimologia.
L'etnico latino bosanus è attestato ancora in un'iscrizione della prima età imperiale, e il nome di Bosa compare in questa forma in Tolomeo nell'Itinerario di Antonino, nella Cosmografia dell'Anonimo Ravennate, e per tutto il Medioevo.
La zona fu abitata già in epoca preistorica e protostorica, come dimostrano le numerose Domus de janas (per es. a Coroneddu, Ispilluncas, Monte Furru, Silattari, Tentizzos) e i nuraghi (per es. a Monte Furru).
Nulla di certo si consce dello stanziamento fenicio-punico. I fenici dovettero usare per l'approdo la foce del fiume Temo (allora all'altezza di Terrìdi), riparata dalle mareggiate dall'Isola Rossa, e dal maestrale dal colle di Sa Sea. Forse proprio lì, o secondo l'ipotesi maggiormente accettata nella vallata di Messerchimbe, più all'interno e sulla sponda sinistra del fiume, i fenici svilupparono un centro abitato.
In in età romana la città, che in un primo tempo pare aver mantenuto l'ordinamento punico, con la magistratura dei suffeti, divenne, forse dalla prima età imperiale, un municipio con un proprio ordine di decurioni. Attraversata dalla strada costiera occidentale, che superava il Temo a Pont'ezzu, Bosa era collegata direttamente a sud con Cornus (presso l'odierna S. Caterina di Pittinuri) e a nord con Carbia (N.S. di Calvia), località situata alla periferia di Alghero). Del porto di Terredì restano ancora tracce di bitte per l'attracco delle barche.In età bizantina l'abitato era, invece, posto con sicurezza sulla riva sinistra del Temo, presso il lugo della Chiesa di San Pietro extra muros. La città subì per tutto il Medioevo le scorrerie degli arabi, tuttavia non perse la sua importanza: fu capoluogo della Curatoria di Planargia, nel Giudicato di Logudoro e sede vescovile. In un periodo compreso tra il sesto e il settimo decennio del Mille ed il 1073 si provvide alla costruzione della chiesa cattedrale dedicata a S. Pietro.
Gli eventi successivi segnarono, per Bosa, l'ingresso prima (1328) nel Giudicato di Arborea, ed - in seguito - il passaggio al controllo della Corona d'Aragona (1410). Il 30 settembre 1499 una prammatica di Ferdinando il Cattolico la inserì tra le città reali, concedendole i privilegi connessi a tale titolo; essa restò tuttavia infeudata ai Villamarina, di cui - anzi - il 18 luglio 1512, divenne possedimento allodiale.
Morta senza eredi Isabella di Villamarina, il re Filippo II di Spagna sequestrò il territorio riunendolo al patrimonio regio. Da allora Bosa divenne a tutti gli effetti una città reale, cessando di essere sotto un'autorità feudale. Nel 1565, per ordine del re, e su richiesta dello stamento militare, vennero tradotti in lingua catalana gli statuti di Bosa, originariamente in italiano o in sardo.