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Costruito nel 1112 dai marchesi di Malaspina dello Spino Secco, il castello di Bosa ha un aspetto imponente nonostante restino solo le torri e il muro di cinta.

Ampliato e ricostruito nel '300, racchiude una superficie di diecimila metri quadrati.Del castello vero e proprio rimangono in piedi solo alcuni muri nell'angolo nord-est del recinto, ai piedi della Torre maestra.

All'interno delle mura l'unica costruzione rimasta in piedi è la chiesa di Nostra Signora di Regnos Altos, costruita nel Trecento e restaurata nel 1974-75, al cui interno è stato ritrovato un ciclo di affreschi di scuola catalana, uno dei pochi rimasti in Sardegna.

Dai bastioni della torre, la vista spazia sulla chiesa di San Pietro, la bassa valle del Temo e i tetti rossi di Sa Costa.

Piacevole la discesa verso il centro attraverso la ripida scalinata in pietra lungo i pochi resti della cinta che un tempo proteggeva a est tutto l'abitato.

La prima costruzione del fortilizio sul colle Serravalle, che domina la valle del Temo, risale al lontano 1112. A volerlo, sono i marchesi Malaspina dello Spino Secco, una nobile famiglia lucchese discendente dagli Obertenghi, arrivata nell’isola con la spedizione delle repubbliche marinare di Genova e Pisa.

Gli abitanti del luogo che dapprima si mostrarono diffidenti, per aver subito in passato serie minacce da parte degli Arabi, si convinsero successivamente che per il loro abitato poteva iniziare una nuova era. Pian piano, nasce il borgo tardo-medievale di "Sa Costa", e le nuove case sorgono sulle pendici del colle, all’ombra rassicurante del castello.

Le abitazioni sembrano quasi aggrappate all’altura, con le strette stradine che ne seguono le curve altimetriche.

Successivamente, le fortificazioni della rocca aumentano e attorno al 1300, per contrastare l’avanzata aragonese, viene eretta la torre maestra del mastio, forse opera di un architetto sardo, tale Giovanni Capula.

Attorno al castello esiste inoltre un affascinante intreccio di storia e leggenda, che attira e incuriosisce non solo i visitatori di passaggio, ma chiunque, anche la stessa popolazione, che orgogliosa, racconta, la sua storia. Infatti, secondo l’antica tradizione si narra che la sposa di un Malaspina, signore della cittadina ai confini del Logudoro, fosse corteggiata da un cognato alquanto intraprendente.

La situazione inquietava il consorte della bella dama che, credendo molto poco alle proteste di innocenza della sua amata, mise in atto una terribile vendetta: troncò con un colpo di coltello le dita della poveretta, che - conservate malamente all’interno di un fazzoletto - vennero fatte cadere dinanzi ai passanti inorriditi.

Se si volta lo sguardo poco più in là del castello, del resto, si nota una strana montagna rocciosa con tre punte, che secondo la leggenda, altro non rappresenta che le dita della giovane sposa ormai pietrificate.

L’affascinante storia non finisce qui, perchè si narra che il nobile, folle di gelosia, avrebbe fatto costruire un passaggio segreto e sotterraneo tra la rocca del castello e la cattedrale, per consentire alla giovane  moglie ritenuta infedele di assistere alla messa, senza però incontrare nessuno.

Proprio in questo angusto cunicolo, la donna avrebbe perso una scarpina di raso, e cullato a lungo la sua piccola bambina.

Naturalmente esistono diverse versioni di questa storia misteriosa, ma questa sembra essere la più diffusa e raccontata anche se i reali accadimenti, quelli riportati nei libri e nei documenti della storiografia ufficiale, sono - ovviamente - tutt’altra cosa.